Ultracentenari con i geni a dieta

14 Maggio 2017 By Paolo Palmas
Il rapporto tra stile alimentare e genetica dell’invecchiamento negli ultimi anni si è fatto sempre più stretto. Fin dalla metà del secolo scorso è noto che topi e ratti messi “a dieta” vivono più a lungo e più in salute; la semplice restrizione calorica indurrebbe infatti in questi modelli animali l’espressione di geni della longevità, attraverso l’azione di alcune proteine denominate “forkhead”, a punta di forchetta.
Tra i geni più studiati capaci di allungare la vita vi è il PHA-4, che una volta “silenziato” non  riesce più a garantire longevità nei modelli animali in esame; siccome negli esseri umani vi sono almeno 3 geni molto simili al PHA-4 si è cominciato ad ipotizzare che le attività riscontrate sui topi fossero applicabili anche all’uomo.
In questa direzione un lavoro pubblicato sulla prestigiosa rivista Cell ha consentito di svelare importanti meccanismi d’azione legati a due geni che svolgono un ruolo fondamentale nella determinazione della longevità nei mammiferi. In presenza di restrizione calorica questi due geni, SIRT-3 e SIRT-4, sarebbero in grado di stimolare l’attività dei mitocondri (la fabbrica dell’energia cellulare) rendendo le cellule più resistenti e diminuendo la loro percentuale di mortalità, attraverso il rallentamento dei processi di invecchiamento (Cell. 2007 Sep 21; 130(6):1095-1107). Più recentemente, studi del Dr. Craig Willcox nell’ambito dell’Okinawa Centenarian Study, hanno dimostrato che la mutazione del gene FOXO3a è associata ad un maggior tasso di longevità: FOXO è un fattore di trascrizione cellulare che controlla i processi legati all’ottimizzazione del metabolismo energetico e della riparazione del DNA, ed è molto sensibile agli alimenti introdotti con la dieta.
La condotta nutrizionale mirata e personalizzata si è dimostrata dunque determinante nel regolare e migliorare i processi infiammatori cellulari che ne garantiscono un allungamento della vita media, ed è intuibile quindi che “accendere” l’espressione dei geni che proteggono i mitocondri significa favorire sopravvivenze più lunghe e raggiungere traguardi mai superati.
Si ricorda che gli studi statistici effettuati sull’uomo permettono di indicare tra i giapponesi delle isole di Amami e Okinawa, tra gli abitanti dell’isola greca di Ikaria, in alcune regione della Sardegna, in Costa Rica nella penisola di Nicoya e tra i Masai della Tanzania (le cosiddette BlueZones), i popoli a più alto tasso di longevità; in ognuna di queste popolazioni si riscontra diminuzione dell’assunzione calorica media ed uno stile alimentare a basso impatto infiammatorio, proprio come viene proposto da sempre nei centri Nutrigroup.
 
Paolo Palmas
Naturopata Nutrizionista, Resp. Nutrigroup